In un pomeriggio d'agosto, quando il sole è basso all'orizzonte e la musica invade le spiagge, arriva la notizia della morte di un grandissimo: Felice Gimondi muore facendo un bagno nel mare della Sicilia, lontanto dai riflettori, dalle luci della ribalta, dalle ruote del ciclismo che ha onorato vincendo tre giri d'Italia, un Tour de France, un giro di Spagna, il campionato del mondo del 1973 3 e tante, tante altre corse.
Muore uno dei più grandi, secondo solo al più grande di tutti: quell'Eddy Merckx di cui divenne amico, e che ieri ha espresso la commozione di tutti dicendo a felice "Amico mio, oggi ho perso io ed ho perso tanto".
Colpisce sempre, la morte. Soprattutto quando raccoglie una persona seria, che comunicava più con gli sguardi ed i silenzi che con le parole: colpisce la sua repentinità e la sua brutalità, la sua chirurgica precisione nel non avere rispetto per la storia e comprensione per le leggende, al pari degli uomini comuni. La livella vale per tutti, anche per i campionissimi: ciò non toglie che Gimondi ci manca: lui era un pezzetto luminoso dell'Italia che fu, quella che sapeva vincere con classe antenponendo i fatti, l'impegno e la serietà alle parole, al pressappochismo ed alla faciloneria.
Addio Felice: ora sei con Marco Pantani, forte come te ma il tuo opposto caratterialmente. Stagli ancora vicino, come hai fatto quando anche lui era con noi.